IL BISOGNO DI FORMAZIONE
di Enrico Auteri - Presidente ISVOR-FIAT e Presidente AIF
(Associazione Italiana Formatori)
Non è facile scrivere di formazione, di fronte alla grande
quantità di pagine disponibili sul tema, pagine che descrivono le
novità, gli ultimi metodi e fatti formativi.
Tutto questo, letto in positivo, significa che la tensione verso la
formazione, anzi le formazioni, aumenta come aumentano gli interessi di
varia natura a realizzare corsi, a sviluppare interventi formativi un po'
in tutte le organizzazioni (anche se spesso, come del resto accade in molti
altri campi, il "parlato" è molto più ricco di quanto
effettivamente "agito").
In queste righe, cercherò pertanto di non parlare del nuovo o delle
novità, ma di riassumere la consapevolezza che ho maturato e visto
maturare intorno a me, più attento a descrivere il fenomeno nelle
sue linee generali ed a cercare di comporre in un quadro unitario le
"cento" iniziative che oggi caratterizzano l'offerta e la risposta ai tanti
bisogni emergenti in aree sempre più diverse.
La formazione è un'esperienza d'apprendimento, una delle molte, una
delle possibili nell'età adulta; essa, a differenza di altre,
è un'attività finalizzata prioritariamente a produrre
apprendimento; è quindi un processo organizzativo che si intreccia
con il più ampio e articolato processo di gestione delle persone che
operano in una organizzazione.
L'organizzazione, qualsiasi essa sia, apprende tramite i suoi attori. Le
organizzazioni crescono e si sviluppano se si sviluppano i loro attori. La
formazione rappresenta così un punto d'incontro fra le
potenzialità e i bisogni dell'individuo e le potenzialità e
i bisogni dell'organizzazione, fra il sapere individuale, è stato
detto, e il saper fare organizzativo.
L'obiettivo della formazione è quindi il sapere, in termini di
promozione, diffusione, aggiornamento e sviluppo per tutti coloro che
operano nell'impresa.
Questo obiettivo è oggi perseguito con un'attività sempre
più continua perché le organizzazioni hanno sempre più
bisogno, come abbiamo già sottolineato, di migliorare il proprio
livello di competenza.
Se un tempo, anche non lontano, era possibile tenere separati il momento
dell'apprendimento, la scuola, da quello del lavoro, la fabbrica,
l'ufficio, la professione, quasi fossero due grandi scansioni biologiche
della vita dell'individuo, oggi questo non è più
possibile.
Nessuno, neanche chi si presenta al lavoro con il più ricco
curriculum scolastico, riesce a vivere per più di qualche anno
dell'eredità che la scuola gli lascia in termini di preparazione
professionale.
Questo significa che, anche durante la vita di lavoro, non si può
smettere di continuare ad imparare.
Oggi e ancor più domani i tempi dell'apprendere e del lavorare non
possono più restare separati ma in parte si devono sovrapporre.
Il tempo per apprendere, inoltre, deve servire soprattutto ad imparare
ad imparare e ad imparare a lavorare; il tempo del lavoro deve
diventare sempre più anche un tempo di apprendimento delle
conoscenze e delle capacità nuove e diverse necessarie per
mantenersi aggiornati e contribuire sia al proprio sviluppo individuale,
sia alla competitività dell'organizzazione di appartenenza.
L'attuale logica sociale ed economica impone infatti di continuare ad
investire sulle persone in modo da garantire un processo di istruzione e
formazione che continui per tutta la vita della popolazione adulta. A
questo riguardo, anche il trattato di Maastricht definisce in modo chiaro
la responsabilità dei Paesi membri per l'organizzazione e il
contenuto dei sistemi di istruzione e formazione.
L'Unione (si legge all'articolo 126) contribuisce allo sviluppo di
un'istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra gli Stati
e sostenendo ed integrando la loro azione per quanto riguarda il contenuto
dell'insegnamento e l'organizzazione del sistema di istruzione; essa attua
(articolo 127) una politica di formazione professionale che rafforza ed
integra le azioni degli Stati membri.
In Italia, il Protocollo sulla Politica dei redditi e dell'occupazione del
luglio 1993 riconosce che le parti (Governo, Imprese, Sindacati)
condividono l'obiettivo di una modernizzazione e riqualificazione
dell'istruzione e dei sistemi formativi, finalizzati all'arricchimento
delle competenze di base e professionali e al miglioramento della
competitività del sistema produttivo e della qualità dei
servizi.
Tale processo comporta, da un lato decisivi interventi di miglioramento e
sviluppo delle diverse tipologie di offerte formative, dall'altro
un'evoluzione delle relazioni industriali e delle politiche aziendali per
la realizzazione della formazione per l'inserimento, della riqualificazione
professionale, della formazione continua.
Le organizzazioni apprendono quando i singoli e i gruppi acquisiscono nuove competenze e concretizzano, nei risultati, azioni visibili che derivano dall'apprendimento; per realizzare apprendimento nelle organizzazioni occorre quindi sviluppare capacità e conoscenze che devono però essere condivise; si devono creare infatti le condizioni favorevoli per realizzare un collegamento organico e non casuale fra apprendimento individuale e trasferimento al gruppo e all'organizzazione (c.d. learning organization).
Per la sopravvivenza dell'organizzazione occorre altresì che le competenze rimangano e si rinnovino all'interno della stessa, anche quando le persone cambiano; la formazione è quindi un'attività, a differenza di altre leve quali il ruolo dei capi, la comunicazione interna, le modalità di lavoro, ecc. finalizzata prioritariamente e strategicamente a distribuire apprendimento nell'organizzazione, creando, a questo riguardo, occasioni e luoghi favorevoli alla relazione, allo scambio, al confronto, allo studio.
Formazione delle persone e addestramento ai bisogni delle organizzazioni
sono quindi, sempre di più, attività fisiologiche, necessarie
a sostenere lo sviluppo dei singoli e dell'impresa, che devono essere fatte
durante tutta la vita aziendale delle persone, in occasione dell'ingresso
come della crescita professionale, dei passaggi di carriera e nei
cambiamenti organizzativi.
Alcune aziende, addirittura, continuano a fare formazione quando le persone
lasciano il lavoro, per aiutarle a ritrovare interessi nuovi e diversi nel
momento in cui non saranno più quotidianamente impegnate a
raggiungere i risultati aziendali.
I campi di intervento della formazione riguardano innanzi tutto i contenuti del sapere e del saper fare, in genere proposti nei programmi di inserimento per i neoassunti e in quelli di qualificazione, riqualificazione o riconversione professionale per le persone già inserite; l'obiettivo è di trasferire sia conoscenze sia abilità o capacità che prima non avevano.
Ci troviamo tuttavia oggi di fronte ad un rinnovato concetto di competenze:
essa è costituita da un intreccio organico e bilanciato di tre
dimensioni: il saper, il saper fare e l'essere. In termini simmetrici la
formazione interviene (o dovrebbe intervenire) nella scuola e nell'impresa,
pur se con modalità e approcci diversi, sistematicamente su tutte e
tre le dimensioni della competenza.
Ma come si realizzano gli interventi formativi? Come nel tempo si è
assistito ad un'espansione, ad un'evoluzione di modelli e metodi?
Nella comune percezione, la formazione evoca in concreto la formula dei "corsi in aula" ovvero una "struttura educativa" definita da obiettivi, contenuti, metodi, materiali, tempi, luogo, docenti e partecipanti. Si tratta di una struttura che in larga misura corrisponde, nei suoi elementi essenziali, alla più generale struttura educativa tipica della Scuola, nei suoi vari livelli.
Nel tempo tuttavia il tradizionale corso d'aula ha visto, rispetto alla
tradizionale educazione scolastica, evolvere significativamente alcuni suoi
elementi costitutivi e questo (tralasciando la specificità dei
contenuti) con particolare riferimento ai metodi didattici; dalle relazioni
di apprendimento docente-discente di tipo verbale- frontale tipica della
struttura didattica tradizionale, si è assistito ad un forte
sviluppo di altri canali di comunicazione-apprendimento più attivi e
coinvolgenti (studi di casi, progetti di gruppo, simulazioni di situazioni
reali ecc.).
Pertanto, ai diversi aspetti delle capacità manageriali sempre
più e meglio si fanno corrispondere metodi didattici diversi che
possono concorrere significativamente a realizzare ciascun specifico
obiettivo formativo.
Nonostante queste innovazioni si è avvertita sempre di più l'esigenza, per ottimizzare l'efficienza e l'efficacia dell'intervento formativo, di passare dalla formula del corso per quanto strutturato in termini attivi e di scambio a quella di "percorso di apprendimento" sperimentando e realizzando modalità più flessibili ed articolate di sviluppo delle competenze e più integrate fra attività di aula ed esperienze operative.
Si sono pertanto sviluppati nuovi metodi didattici che recuperano gli
aspetti di concretezza propri dell'esperienza diretta, in coerenza con gli
stili di apprendimento più orientati alla sperimentazione e alla
pratica operativa, propri in generale degli adulti con esperienza.
In particolare, partendo da esperienze teorizzate e sperimentate negli USA
già negli anni '70, si è andato affermando un metodo
pedagogico - l'action learning - che ancora il progetto formativo
alla realtà concreta (di lavoro e organizzativa) del discente,
promuovendo il collegamento stretto fra il processo di apprendimento
individuale e i cambiamenti organizzativi.
In sintesi si può dire: la nuova frontiera della formazione sta
orientandosi quindi, da una funzione episodica e a risposta, ad una
formazione a programma (continua, sistematica, centrata nei soggetti oltre
che nell'organizzazione).
Si stanno superando i "limiti dell'aula" alla ricerca di una maggiore
integrazione fra formazione e lavoro quotidiano. La "rete di distribuzione"
della formazione si sta ampliando, coinvolgendo i capi come formatori e
acquisendo dalla linea i formatori necessari, pur se opportunamente formati
a "trasferire" competenze.
Non solo: le nuove tecnologie multimediali e interattive rendono possibile
un maggior disimpegno dei vincoli di aula e di tempo, la possibilità
di raggiungere grandi quantità d'utenti ed anche la
personalizzazione dei percorsi formativi. L'uso del multimediale
interattivo avviene in particolare nelle aziende che intendono decentrare
la formazione e che creano "laboratori di formazione" nelle sedi
decentrate.
Si parla a questo proposito di "aula multimediale", di "banchi
multimediali" e di "cattedre multimediali".
Si propongono così nuove metodologie e nuove tecniche didattiche
più funzionali, coerenti ed efficaci rispetto alla necessità
di un adulto in formazione.
Si sottolinea infine, con la crescita del bisogno di nuove conoscenze, una
nuova responsabilità nell'autoformazione, come consapevolezza e
impegno dei soggetti operanti nell'organizzazione verso la propria
formazione continua.
In questo quadro il formatore professionale si concentra ancor più
su un profilo di ricercatore, progettista, promotore, facilitatore dei
processi di apprendimento, per costruire sul campo occasioni continue di
sistematizzazione, capitalizzazione e diffusione delle competenze in
costante divenire.
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