LA FORMAZIONE SULLA VIA DELLA CERTIFICAZIONE
di Romolo De Stefano - Presidente AIQF
L'Italia è in ritardo. Novità? Affatto, anzi, si potrebbe quasi dire che ci siamo
abituati. Ma è davvero così? Davvero ci siamo abituati ad essere il numero 32
nel mondo (trentaduesimi!), come eravamo nel 1994 in base agli otto fattori
della competitività globale? Davvero ci siamo abituati ad un livello di libertà
economica che vede il nostro Paese al 44ø posto nel periodo 1993-1995?
Sono questi numeri senza importanza, senza alcun senso?
No e no. Nessuno si è abituato. E no, non sono numeri senza senso.
Ma quanti hanno preso coscienza della situazione, quanti hanno deciso di
guardarsi intorno, quanti sono consapevoli degli sforzi da compiere ed hanno
scelto di cominciare a camminare nella sola direzione possibile, quella della
"Qualità", unica via per il recupero di competitività?
E qual è il ruolo che gioca la formazione in tutto questo? Ed infine, perch‚
"sulla via della certificazione"?
Il sistema formativo italiano non può che sentirsi coinvolto come primo attore
nel processo di rinnovamento e rilancio di un Paese pesante; certo le spinte al
cambiamento dovute alle attività formative dipendono dai budget assegnati e
quindi dal management, ma se è vero, come è vero, che le direzioni aziendali
hanno sempre fatto fatica a capire l'importanza di questo tipo d'investimento
(immateriale), ci si deve anche chiedere cosa è stato fatto per cambiare
questo atteggiamento.
La risposta permette di allargare la prospettiva del discorso e indicare una via,
la via, per rendere la formazione efficace ed in grado di favorire le imprese
rispetto alle sfide della competitività dei mercati mondiali (e permettere di
sciogliere in un sorriso illuminato le espressioni dubbiose dei top manager).
Questa via è la via della certificazione.
Ô un traguardo che si può raggiungere procedendo per passi successivi, quali
il riferimento a precisi standard già riconosciuti a livello europeo ed
internazionale, la misurazione del risultato dell'intervento formativo, la chiara
distinzione tra chi prepara e chi qualifica ed infine un cliente/committente in
grado di formulare precise richieste a chi eroga formazione e chiamato ad
attestarne la competenza/capacità/professionalità. Solo l'ultimo passo di tutto
questo è la certificazione. L'ultimo ed il fondamentale, perch‚ li raccoglie tutti.
Cerchiamo di capire meglio da dove nasce questa esigenza nel nostro campo
specifico e cosa si può fare per essere attivi in tale processo.
Se vogliamo essere coerenti con il ragionamento cominciato, allora il
riferimento primo è alle norme ISO.
Una premessa d'obbligo è il fare sempre riferimento alla norma UNI EN ISO
8402, che contiene termini e definizione della qualità.
La domanda cui le ISO ci aiutano a rispondere è: esiste già uno standard di
riferimento? Naturalmente la risposta è implicitamente affermativa.
Adottare un sistema di norme che consenta un'armonizzazione a livello
europeo è importantissimo perch‚ significa scegliere la via migliore per ridurre
i tempi ed i costi del mettersi in linea con i principi della qualità, che, non ci si
deve stancare di ripeterlo, sono quelli che possono riportare il Paese a
competere in termini di innovazione e a guardare agli scenari futuri come un
possibile protagonista.
Il mettersi in linea significa anche saper accogliere ciò che hanno già fatto altri
paesi europei. I francesi lavorano già da alcuni anni su un documento AFNOR
(Association Fran‡aise de Normalisation) che è uno studio, un programma di
orientamento per le imprese nel formulare richieste per interventi formativi (su
Internet all'indirizzo http://www.ireste.fr/adiste/organismes/afnor.html).
In Gran Bretagna è estremamente positiva l'esperienza di "Investors in
people", che è uno standard e un premio, un metodo ed un riconoscimento
che stimola le direzioni aziendali ad investire in formazione e sviluppo delle
risorse umane per raggiungere gli obiettivi di business dell'impresa.
Vi è un sicuro (si legga misurabile) ritorno, in quanto si tende a mettere in
diretta relazione il miglioramento delle performance e della competitività
aziendale con il training e lo sviluppo del capitale umano (su Internet
all'indirizzo http://www.itl.net/features/iip).
Tenere presenti le esperienze estere consente di trarre stimoli positivi che, se
hanno alla base una corretta assimilazione ed un adeguato adattamento al
contesto nazionale, possono dare benefici effetti anche nel breve periodo.
Si è accennato alla misurabilità. Anche se gli investimenti immateriali sono in
Italia praticamente ignorati dalla regolamentazione fiscale, contabile e dei
finanziamenti, questo non deve creare alibi. Di misurare l'investimento in
formazione non si può più fare a meno.
Come cambierebbe l'atteggiamento del manager decisore se il formatore si
presentasse con un'analisi della redditività della spesa, sia per gli investimenti
passati che come previsione per un nuovo progetto?
Non troveremmo una maggiore disponibilità se venisse presentata un'analisi
del ritorno dell'investimento e della valutazione patrimoniale dell'intervento
formativo?
Questo è il secondo balzo da compiere: misurare. Ciò richiede sicuramente
un grande sforzo da parte del sistema formativo italiano, ma non potrebbe
essere altrimenti. Il formatore si pone credibilmente come attore protagonista
del cambiamento solo se è il primo ad avere cambiato se stesso.
Non è questa la sede per entrare nello specifico delle tecniche e delle
metodologie per realizzare il salto di qualità, ma per completezza è
necessario accennare alle figure professionali su cui si impernia il
cambiamento. Sono quattro: progettisti, docenti, manager, valutatori/assessor.
Ô su questi che ci si dovrebbe muovere in un'ottica di qualificazione e
certificazione.
Detto questo, non è necessario spendere più di tanto sul discorso della
esigenza di tenere ben separate e distinte le funzioni di preparazione e di
qualificazione.
Chi prepara non può coincidere con chi qualifica e tanto meno con chi
certifica; si evitino i bluff: il punto di riferimento è la competitività sui mercati
mondiali delle imprese italiane. Bluffare vorrebbe dire, n‚ più n‚ meno, darsi
la zappa sui piedi.
Si spiegava all'inizio come un ulteriore passo da compiere fosse quello di
educare il cliente/committente a formulare corrette richieste di interventi
formativi e di sottoporsi al suo giudizio con riferimento ad un'attestazione di
competenza/capacità/professionalità di chi eroga formazione.
Si è più sopra accennato al documento AFNOR dal titolo "Aiutare le imprese a
formulare richieste formative". Il documento sostiene che "il successo di un
programma di formazione dipende in larga misura da quanto chiaramente
siano state espresse le richieste di formazione da parte dell'impresa
committente".
Si rimanda al documento stesso per ogni ulteriore approfondimento; due cose
però è importante sottolineare, anche per concludere rispetto alla necessità di
guardare a ciò che è già stato fatto in Europa.
Una è che la prima frase del documento (TC 176/SC3/WG4 Nø2) specifica
che "parlare di standard nel campo della formazione professionale sarebbe
stato considerato fino ai tempi più recenti un'eresia dalla maggior parte delle
persone nel mondo della formazione professionale".
Il secondo fattore da porre in evidenza è che il documento è datato 1993.
Con riferimento all'attestazione da parte del cliente/committente, le domande
che ci si deve porre sono se si è disposti a crescere in trasparenza nel
mercato, se si è pronti a cambiare rotta e, un domani ormai prossimo, a
presentarsi al mercato con le attestazioni dei clienti serviti, che specifichino
l'area di intervento, la portata, i tempi, le risorse coinvolte da ambo le parti ed i
costi. Anche questa è un'eresia? Ma i mercati sono globali, non scordiamolo:
la competizione, ossia la concorrenza, è mondiale.
Si deve essere disposti a rifare la carta d'identità dell'azienda che eroga
formazione (così come per quella di consulenza), così come del formatore (o,
parallelismo incalzante, del consulente).
Sono tutti passi su cui l'Associazione Italiana per la Qualità della Formazione
(AIQF) sta ragionando, discutendo, lavorando e su cui dovrebbero
concentrarsi le energia del terziario avanzato e della formazione italiana.
La sfida che abbiamo davanti si vince tutti insieme. O si perde tutti insieme.
All'interno di AIQF si ritiene che la certificazione sia qualcosa che vada al di là
di quanto finora fatto.
Così come esistono per il settore manifatturiero gli organismi di certificazione,
allo stesso modo, una volta che sia stato definito uno standard, che sia stata
codificata una norma in armonia con i dettami delle ISO ed i successivi
documenti europei, è fondamentale che nasca un organismo per la
certificazione del processo formativo in Italia. Questo organismo dovrà essere
riconosciuto ed indipendente.
AIQF non intende essere questo organismo, avendo deciso di perseguire
l'obiettivo di diffondere una cultura innovativa della formazione, ovvero
diffondere qualità nella formazione, qualificando i formatori e operando
concretamente da subito tramite la Commissione Qualità e Corsi di
qualificazione.
La Commissione Qualità dell'Associazione Italiana per la Qualità della
Formazione opera con gli obiettivi di:
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